Mia madre, di tanto in tanto, mi metteva il vestitino della festa per
andare al paese vicino, a piedi, a fare visita ad una vecchia zia. Zia che io
cordialmente detestavo per il fatto che lei cuciva, e mi faceva pantaloncini
con una sola tasca, la destra, poiché sosteneva che i bambini non dovevano
tenere le mani in tasca. Ancora lei, diceva, per evitare le brutte abitudini,
quindi bastava una tasca sola, quella per metterci il fazzoletto. Io ne avrei
volute non una, ma quattro, di tasche. Avevo tante cose da metterci dentro…..palline
di vetro, una scatoletta con un povero grillo per dimostrare agli amici che non
avevo paura a manipolare quell'insetto, sassolini bianchi e neri, la fionda, e
chissà cosa mai avrei trovato ancora d’importante da infilare in quelle tasche.
Però non fu caso che me ne facesse un’altra così che mi sentii per molti anni
come un mutilato di qualcosa di importante. Da lì il mio risentimento. Un
giorno, dopo la visita alla zia, sulla via del ritorno, prima di uscire dal
paese, c’era un negozietto che dava sulla strada. In quel punto mia madre
incontrò una signora, e mentre stavano conversando, senza un argomento preciso
parlando, parlando e parlando, come fanno spesso le donne, io mi avvicinai alla
umile vetrina e tra le diverse cose di poca importanza esposte spiccava un
cavallino di cartapesta montato su una tavoletta di legno con quattro rotelline
e un gancetto per attaccarci una cordicina. Sul cavallino si accentrò tutto il
mio interesse e la mia fantasia infantile cavalcavo con lui per valli, campi e
pianure infinite raccogliendo prodezze lungo il cammino. Stavo montando il mio
Pegaso e cieli, mari e montagne non erano ostacolo alcuno per il mio fantastico
volo. Mi sentivo libero e felice. Nel momento che stavo galoppando sul mio
cavallino e vivendo le mie avventure, la voce di mia madre, che mi invitava a
proseguire, mi distolse dal mio sogno. Con l’espressione supplicante le dissi
di comprarmelo il cavallino, le dissi che costava poco, solo una lira, mi disse
che non poteva, che non aveva la lira. Non capivo, non conoscevo allora il
perché della mancanza di quella modica moneta nel borsellino di mia madre. Solo
molto tempo dopo conobbi la realtà del perché non c’era in quel momento tale
disponibilità. Riprendendo il cammino verso casa le mie lacrime lasciavano il
loro segno, al mio passaggio, sulla strada polverosa. Con l’immagine fissa
nella mia mente, e nel mio cuore, di quel cavallino dentro la vetrina, e io con
il naso schiacciato sul vetro, con infantile golosità e l’espressione di
rinuncia del bambino povero di fronte al giocattolo caro.
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