16 de noviembre de 2011

IL FANTASMA TIRASASSI


“Giacomino vuoi dirmi finalmente ciò che ti succede da un po’ di tempo a questa parte, cosa che ti si vede in faccia e non puoi più nascondere?” Con queste parole si rivolse a lui la madre, essendosi resa conto del cambio di suo figlio nel comportamento e nell’umore che non erano gli stessi del suo essere abituale. Era scontroso, di malumore e non si alimentava come di solito soleva fare, sereno e con buon appetito. La madre indagava il motivo di tale cambio in suo figlio con il modo amoroso che solo le mamme sanno fare in certi momenti con i figli. “Hai problemi sul lavoro, hai litigato con la Nina, la fidanzata, che cos’hai?” insisteva la madre. “Niente mamma, non succede niente né sul lavoro né con la Nina”. “Allora cosa passa in questi ultimi tempi nella tua vita che non ti si riconosce più nel tuo modo di fare, nel tuo comportamento. Ti senti male? Vuoi farti vedere da un medico?” “No! No! Non succede nulla, passerà” e con ciò usciva di casa lasciando senza chiarire quel suo comportamento anomalo. Aveva perso la sua baldanza, era pallido e dimagrito e ciò era motivo di preoccupazione per i suoi familiari. Giacomino, giovane venticinquenne, con la Nina faceva piani per sposarsi in breve tempo. Anche lei si era resa conto del deterioro fisico del fidanzato, del resto non aveva nulla da lamentare, il buon comportamento verso di lei era costante. La sera rientrato a casa dal lavoro si lavava, si metteva indumenti puliti, cenava e poi andava dalla fidanzata. Essendo corto il tragitto per raggiungere la casa di Nina quasi sempre calzava delle pantofole piane, così si sentiva più comodo che non con le scarpe. Percorreva la distanza su una strada inghiaiata e ritornava a casa già tardi, a notte fonda, nel silenzio totale predominante nelle notti dei paesi di campagna.
In questo tratto di strada erano sorti tutti i mali che Giacomino stava soffrendo. Sentiva, in quel tragitto, che qualcuno gli tirava sassi sulla schiena ma non vedeva ne sentiva la presenza di nessuno vicino a lui per spiegarsi il fenomeno. Invaso dalla paura si lasciò andare pensando a qualcosa di soprannaturale; a un  fantasma. Non trovava altra spiegazione e, più ci pensava, più scivolava in uno stato emozionale dal quale non riusciva a trovare una spiegazione, un’uscita razionale; inoltre il suo orgoglio non gli  permetteva di confessare ciò che gli stava succedendo che a poco a poco lo portava verso il panico. Gli effetti di questo stato d’animo non poteva nasconderli, dissimularlo, e dava luogo che i familiari pensassero che il suo equilibrio mentale potesse soccombere, e decisero per conto loro di scoprire la causa che affliggeva Giacomino e causava malessere e preoccupazione a tutti loro. Decisero di pedinare, con discrezione, i suoi passi e investigare i suoi contatti personali con amici, parenti e conoscenti. Sul posto di lavoro, nel calzaturificio, tutto si svolgeva con normalità, con le sue conoscenze e amicizie non c’erano screzi, cosicché il compito che si erano proposti non ebbe esito e si concluse negativamente. La soluzione si presentò nel modo più strano e impensabile. Ogni sera Giacomino andava dalla fidanzata e il fratello maggiore Gigi volle, di nascosto, senza far notare la sua presenza, seguirlo e avvicinarsi, per capire se tra i due esistesse veramente buona armonia. Gli bastò per capire che le cose andavano bene e, stando a discreta distanza, vedere che Nina, aprendogli la porta, gli si avvicinò affettuosamente dandogli il bacio di benarrivato.
Ritornò allo stesso posto all’ora che Giacomino faceva ritorno a casa e, favorito da un chiaro di luna molto opportuno, vide il fratello accompagnato dalla ragazza e, al momento del commiato, si baciarono come ci si può aspettare in questa circostanza. Quindi tutto normale. Seguì il fratello nel tratto di strada che lo separava dalla casa, lo seguì sul prato che costeggiava la strada a prudente distanza, affinché non si accorgesse della sua presenza. Giacomino uscì dal cortile dell’amata e si incamminò lungo la strada di ghiaia circospetto e a passi lenti, poi prese a camminare con andatura normale. Il fratello seguendolo lo guardava, se nonché ad un tratto Giacomino si fermò, si girò, si guardò i talloni e scoppiò in uno scroscio di risa fragoroso e sostenuto. Gigi fu preso di soprassalto da quelle risa e pensò che davvero fosse diventato matto e che la pazzia si fosse dichiarata in quel momento. Mentre Giacomino si sganasciava dalle risa sfogandosi così dello stato ansioso, dall’oppressione che sopportava da un tempo a questa parte, si sorprese della presenza del fratello ma, nello stesso tempo, fu contento di potergli svelare il mistero dei sassi che tutte le sere gli battevano sulla schiena tornando a casa dopo la consueta visita a Nina e che fino ad ora non era riuscito a chiarire tale mistero, tanto d’averlo indotto a pensare che fosse opera di un’anima vagante, di un fantasma, e per quanto si tormentasse la mente non trovava spiegazione al fenomeno che aveva minato la sua salute e i buoni rapporti con  i suoi cari. Il suo silenzio e il non voler parlare con la sua gente si doveva a cosa avrebbero pensato se avesse detto loro che un fantasma gli tirava sassi nella schiena….Avrebbero riso e pensato che qualcosa succedeva nella sua mente, anche se a quei tempi la gente credeva in fantasmi e apparizioni più che nei tempi attuali. Ah! Però quella sera aveva scoperto e si era svelato il mistero dei sassi. Era veramente ridicolo e lui rideva al fine avendo scoperto che i sassi erano lanciati dalle sue stesse pantofole!!! Ad ogni passo qualche sassolino si adagiava sullo spazio che restava tra il tallone e la fine della pantofola, e al dare il passo, questi venivano catapultati sulla sua schiena.
Giacomino rientrò nella normalità dopo l’avventura finalmente conclusasi.
Questa storia è vera, successe a principio del secolo scorso, quando le notti, ripeto, erano popolate di fantasmi, streghe e apparizioni frutto di una fantasia malata.
L’esperienza di Giacomino, che dovuto alla sua attitudine, si fece dramma per lui e i suoi cari, fu causa sia dei tempi che della debolezza dello spirito.
Da questo caso si può trarre un insegnamento dal quale deriva un ragionamento. Quando ci si trova assillati da un frangente, un’ossessione che la nostra mente non riesce a risolvere, al contrario più ci pensi e più sprofondi nel problema. Dovremmo sforzarci ed affrontare la paura, le inibizioni, i complessi che ci impediscono di comunicare, di rivolgerci a persone che stimiamo e potrebbero darci un aiuto, un consiglio per risolvere il nostro conflitto. Il concorso di più menti, più idee, portano alla soluzione del problema.

1 comentario:

  1. Don Bruno ,un abrazo de su amigo en Venezuela ,Foto Miranda ,Patricio Casassus

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