14 de noviembre de 2011

IL NONNO E I BOTTEGAI


Siamo ai tempi dell’abbondanza, della bonanza, dei super e ipermercati dove si compra e si vende alla grande e può sembrare una meschinità riandare ai tempi delle bottegucce di paese in cui si vendevano generi alimentari e altre cose di basica necessità. E forse questo contrasto di cambi integrali nelle comunità e nel nostro complesso sociale di oggi che induce al ricordo di quei tempi, del resto non proprio molto lontani, e trarne qualche comparazione con il modo di sussistere ai tempi di allora specie nel campo alimentare dato che è il tema che si presta a questo confronto. E’ inevitabile che a volte, rivangando con il pensiero nel passato, sorgano ricordi accumulati durante il transito per la vita. Ricordi belli, buoni, tristi, penosi, ecc..., a volte dal sapore amaro, nati da passaggi per tratti di oscurità esistenziale. Riaffiorano, nonostante i molti anni trascorsi, senza perdere la chiarezza delle situazioni vissute specialmente quando con loro portano momenti di tristezza e avversità. Di quei tempi e di quelle vicissitudini mio nonno spesso mi parlava, risentito, e imprecando contro chi poteva aiutare in caso di necessità e non lo faceva, e se acconsentiva, l’usura, la speculazione e lo strozzinaggio erano sempre presenti negli accordi o contratti che si stipulavano. Stavolta il nonno l’aveva contro i bottegai che erano i più vicini e con loro il tratto era quasi giornaliero. Da notare che l’epoca cui si riferiva erano gli anni venti-trenta del secolo scorso e intorno alla gente bisognosa, di scarse possibilità economiche, si erano formate delle circostanze, che spesso doveva sopportare abusi e soprusi con l’amor proprio maltrattato e senza poter reazionare in loro difesa, non per codardia, ma per una linea di condotta, di sopportazione, di umiltà, a volte per non urtare suscettibilità che avrebbero potuto compromettere la loro sussistenza e per nulla esagerato, la loro sopravvivenza. Tacere era una forma di tolleranza del più debole verso il più forte e questo atteggiamento veniva da molto tempo addietro, da secoli, e durò fino alla soglia della Seconda Guerra Mondiale il cui stato creò condizioni negative diverse che non richiedono nessuna spiegazione in quanto furono situazioni estreme entro le quali tutto poteva succedere. Nel post guerra si verificarono molti cambiamenti nelle nostre condizioni di vita. Avvennero miglioramenti decisivi nel campo sociale, economico, possibilità per tutti i giovani di accesso ad istituti di educazione superiore. Oggi a queste migliorie dobbiamo un tenore di vita ottimo, di cui mai prima avevamo goduto. Tornando al nonno, seguiva brontolando: “Questi disonesti che si beffano e speculano sulle necessità dei loro clienti e paesani”. Le imprecazioni contro i bottegai erano più per sfogarsi di ciò che gli bolliva dentro che per dirigersi a me che ero un bambino sulla soglia dell’adolescenza e certe cose non le potevo capire nella loro completa realtà. Nel paese dove mio nonno visse la maggior parte della sua vita c’erano diversi esercenti di botteghe che vendevano generi alimentari e altri articoli di prima necessità per la sussistenza della comunità. Il nonno, a mano a mano che crescevo, e potevo assimilare il suo discorrere, mi parlava di alcune forme di staffa e imbrogli che di consuetudine commettevano due dei bottegai i quali erano più dotati per frodare il prossimo: tirare con forza, certi alimenti, sul piatto della bilancia, in modo che la lancetta o il fido segnassero il peso giusto, togliendoli poi rapidamente poiché lasciandoli fermi si poteva notare i vari grammi mancanti che variavano secondo la quantità comprata. Altro stratagemma era, pressionare con disinvoltura con il dito mignolo, sul piatto della bilancia, infilato sotto la carta usata per avvolgere la compra. Altra manipolazione disonesta era il travaso dell’olio dal loro recipiente a quello del cliente. Essendo l’olio un liquido denso e ritirando il misurino con prontezza restava in questo una quantità che la misura comprata risultava sempre scarsa. Da tener presente che l’olio si comprava sfuso, in piccole quantità che spesso non superavano un ottavo o un decimo di litro. Può sembrare anche meschino dare a conoscere questi piccoli imbrogli, ma considerando che l’economia domestica era molto stirata e non poteva permettere manipolazioni che sottrassero assolutamente nulla. In buona parte la clientela era dotata di un libretto dove il bottegaio marcava l’importo di ogni compra e non poche volte le cifre marcate erano superiori a quelle reali corrispondenti ai generi comperati. Questo succedeva approfittando della poca dimestichezza che le donne avevano con le lettere e con i numeri. Altri raggiri si sommavano alla condotta di questi bottegai e altri maneggi subdoli praticavano nei loro negozi tanto da meritarsi tutti gli epiteti che il nonno usava per distinguerli. Fino a qui le birbonate di questi commercianti potevano essere comuni con molti altri disseminati nel nostro territorio, ed essendo privi di scrupoli etici e morali il loro sonno non fu mai turbato dall’intranquillità. Ma le cose prendono un altro aspetto molto più serio quando anche per una modica quantità di denaro dovuto e non soddisfatto il pagamento del debito alla data fissata, senza indugi e meno scrupoli di coscienza, casa e terreni del cliente moroso passavano in possesso del bottegaio con la compiacenza di legulei collaboratori che condividevano il bottino praticando manovre che, evadevano in certi casi, abilmente la giustizia e la legalità. Leggi che ai diseredati dalla sorte sembravano disumane e al finale della contesa favorivano sempre il bottegaio e il cliente veniva privato di beni che per gli altri erano di necessità vitale e avrebbero dovuto essere inalienabili. Le leggi sono leggi e danno diritti e obbligano a doveri i cittadini, ma in questo caso erano troppo severe, troppo drastiche applicate da uomini troppo ligi al dovere che in certi casi potevano essersi comportati con più elasticità nella loro applicazione verso famiglie che i pochi beni che possedevano costituivano la loro sopravvivenza.
Il non pagamento del debito al commerciante non era dovuto a comportamento capriccioso del cliente, ma spesso era condizionato dalla rimessa di denaro che avrebbe dovuto arrivare da qualche familiare emigrato all’estero o al vaglia spedito da una città italiana, ugualmente da familiare emigrato in patria, comunque lontani dai nostri paesi la cui gente in alta percentuale viveva dall’emigrazione. Se il denaro non arrivava, e ciò poteva succedere per vari motivi: infortunio sul lavoro, malattia, disoccupazione, ecc. Il bottegaio che non era mai disposto a concedere dilazioni né considerazioni sul mancato pagamento, procedeva al pignoramento e susseguente appropriazione dei beni immobili dei malcapitati clienti. Furono casi esecrabili sotto ogni aspetto. Per non procedere legalmente, quanto una donna con attributi e condizioni appropriate, accettasse le proposte indecorose ed infamanti del bottegaio, chiara induzione alla prostituzione. Con queste modalità molti beni di povera gente, gli unici che possedevano, passarono ad ingrossare i capitali di questi trafficanti, riducendo oneste famiglie in uno stato pietoso affogandosi nella miseria, e nell’indigenza. Solo nell’età adulta compresi in tutta la sua drammaticità e con chiarezza le situazioni che nell’ambito sociale in cui vivevamo, venivano succedendo e la rabbia malcontenta del nonno che non poteva sfogarsi per ottenere giustizia e un tratto umanitario di cui avevamo pieno diritto.

No hay comentarios:

Publicar un comentario