5 de noviembre de 2011

QUANDO BERTA FILAVA LA NONNA CANTAVA


Il fumo di tabacco e la mescita di vino creavano l’odore acre che si percepiva entrando nell’unico salone dell’ “Osteria al ponte” ubicata sulla via principale, alla fine del paese. Fui attratto da un coro di voci che veniva dal locale intonando una canzone di guerra integrante del repertorio ispirato e nato dalle vicende guerriere nel conflitto ‘15-’18. I tavoli erano tutti occupati da uomini vestiti con gli abiti migliori. Infatti era domenica ecco la ragione di indossare il vestito della festa. Alla fine del locale in un angolo dinnanzi ai rispettivi bicchieri di vino era seduto un gruppetto di uomini che cantavano una canzone, una triste canzone, una delle tante che perdurarono per molto tempo, nel repertorio popolare, dopo finita la guerra, canzoni evocatrici di vicende vissute in quella guerra superlativamente inumana in tutti i suoi aspetti. Cantare le sofferenze vissute al fronte non era certo un canto nostalgico, ma era dare un messaggio per rispetto alla memoria, era raccontare le infelici storie patite dove tutte le forme del dolore furono presenti e ispirarono canzoni come: addio bella addio, l’ortigara, monte sabotino, ta’ pum ta’ pum, il Piava, la letterina, il corpo del capitano, la violetta ed altre ancora. Ma non di guerra né di tristezza vorrei parlare ma, al contrario, di allegria di canti e serenità, e l’osteria era un luogo dove questi umori, questi sentimenti, si manifestavano con facilità, privi di ogni inibizione. Bastava che da un tavolo si sentisse anche sommessamente, sottovoce, un accenno ad una canzone per motivare tutti i presenti a partecipare prendendo parte ad un coro di voci, più o meno intonate o armoniose, stimolate da qualche bicchiere di vino, che poco a  poco ascendeva in crescendo fino a far rintronare tutto l’ambiente e seguiva così fino ad esaurire il repertorioche includeva canzoni di guerra, canzoni popolari e le nostre villotte friulane. Chissà da dove veniva questa voglia di esprimersi cantando nonostante la precarietà e le penurie del secolo scorso che si protrassero fino qualche decade dopo la seconda guerra mondiale. La gente cantava, cantava nell’osteria, nei campi mentre accudiva ai lavori propri del che fare contadino, rastrellando il fieno, vendemmiando. Spesso nelle case si ascoltavano voci di donne che intonavano vecchie melodie. Cantavano le ragazze nella passeggiata serale; prese a braccetto attraversavano il paese cantando e, come è proprio dell’età, il loro canto era un richiamo d’amore. Anche un coro di giovani seguiva lo stesso percorso e al ritorno sia nel gruppo femminile che in quello maschile mancava qualcuna e….qualcuno. non è difficile capire che le anime gemelle si erano incontrate e poi perse nell’oscurità. Esisteva anche una cantoria di voci maschili in chiesa che quando interveniva accentuava la solennità dei riti.
Da tempo già non si canta più nell’osteria, in strada, in casa. Sarà che i sentimenti si sono inariditi, raffreddati, e così anche quelle semplici manifestazioni con quel pizzico di romanticismo che armonizzavano e dolcificavano la durezza della realtà del vivere quotidiano. Le ragioni, i motivi di questo cambio sono diversi e vengono da varie direzioni, ma lasciamo a sociologi e psicologi il compito di dipanare la matassa del comportamento umano del tempo attuale.
Per restare in concordanza con il tema proposto seguiamo con i canti e le serenate.
A proposito di serenate, anche queste sono sparite, anche questa tradizione si spenta e non si sente più il loro messaggio d’amore all’aria aperta che nella notte fonda svegliava con una dolce melodia l’amata dormiente. Chissà quante belle signore già inoltrate nell’età, rivangando nei ricordi giovanili, provano ancora qualche palpito nostalgico per quelle melodie e quei canti romantici portati sotto le loro finestre dall’innamorato o da qualche pretendente. La serenata fu un linguaggio importante dell’espressione sentimentale fin dai tempi remoti. Ricordiamo gli aedi dell’antica Grecia, trovatori e menestrelli del Medioevo ed infine gli strimpellatori dei nostri tempi tra i quali mi includo. Forse gli antichi si esibivano in altra forma ma il fine era lo stesso. Non andando troppo lontano nei secoli, molti compositori celebri ci hanno lasciato brani musicali per serenate, tra questi Shuman, Shubert, Chopin. Avvicinandoci ai nostri tempi, nel secolo scorso, fu composta una serenata che marcò un’epoca, ispirata da un dramma amoroso degno dei suoi tempi della “belle epoque”. Fu la serenata di Enrico Toselli dal titolo “Rimpianto” dedicata alla principessa Luisa di Sassonia del ceppo dinastico degli Asburgo.
Lui musico, compositore, concertista italiano; la principessa lo conobbe a Firenze durante un concerto. Fu un colpo di fulmine e la passione diede vita ad un grande amore che sconvolse la casa imperiale austriaca. La reazione dell’imperatore Francesco Giuseppe non si fece attendere; non era possibile nessuna relazione del genere tra borghesia e nobiltà. Ci furono emissari diplomatici, pressioni e minacce per parte dell’imperatore, ma non fu questo a porre fine al romanzo d’amore tra i due.
Ciò che fu determinate a dar termine all’idilio furono le circostanze politiche del momento che sfociarono nella guerra italo austro ungarica cioè la Prima Guerra Mondiale.
Era l’anno 1914, si chiusero le frontiere e in quel momento la principessa si trovava in Austria, a Insbruch per un viaggio di piacere. Dovuto allo stato di guerra si interruppe ogni tipo di comunicazione fra i due Paesi quindi anche fra i due innamorati. Toselli legato a contratti per concerti compiva i suoi impegni e soffriva l’assenza della sua principessa e ancora di più il non poter ricongiungersi con lei. Anche lei soffriva e la lontananza aveva accentuato l’appassionato amore per il suo Enrico. Queste tristi vicende minarono la salute di Toselli però prima di aggravarsi e morire compose la serenata che divenne celebre e si cantò e suonò in ogni mezzo, dall’organino alle grandi orchestre, dilagandosi per il mondo intero. Sia il testo che la melodia sono calati nell’animo popolare come non mai altra melodia fece.
Fu una storia e un fenomeno musicale che strappò più di qualche lacrima alle donne dell’epoca ben disposte al romantico languore e sensibili a questi drammi.
La vicenda Toselli è una sintesi che dice molto del modo di vedere quel mondo, rimasto nel ricordo e nella costumanza degli ancora viventi di quell’epoca che devono adattarsi e assimilare, bene o male, i tempi attuali secondo l’imposizione del processo evolutivo.
Da un paio di generazioni ad oggi molte cose, molti cambiamenti, si sono prodotti in tutti gli aspetti della vita umana e questa storia spicciola, questo racconto da “sot la nape” ambisce dare a conoscere ai giovani d’oggi uno spicco di mondo nel quale vissero i loro nonni e bisnonni che cantavano i ogni opportunità propizia e, nonostante tutto, godevano di molta serenità nella loro vita, serenità che i tempi attuali sono molto avari nel concedercela.

No hay comentarios:

Publicar un comentario